Virus e mutazioni: ce ne parla in un'intervista il Prof. Carlo Tomino, farmacologo, responsabile del Centro del Farmaco dell'IRCCS San Raffaele Roma e docente di "Intolleranze alimentari, immunità e farmaci" presso il corso di laurea magistrale in Scienze della Nutrizione Umana, indirizzo Nutraceutica dell'Università Telematica San Raffaele Roma. 

I virus, in particolare quelli a RNA come il Coronavirus, evolvono costantemente attraverso mutazioni del loro genoma. Non è infatti un caso che varianti del Sars-CoV-2 siano state osservate in tutto il mondo, contraddistinguendo la nuova fase delle ondate pandemiche. Sebbene la maggior parte delle mutazioni non abbia poi un impatto così significativo  qualcun’altra può invece dare al virus alcune caratteristiche preoccupanti da monitorare con attenzione. Ma come vengono categorizzate queste varianti? Quante se ne conoscono fino ad oggi? 

L’OMS ha di fatto presentato due differenti categorizzazioni delle varianti: Variants of Interest (VOI) e Variants of Concern (VOC). “Con VOI, si intende una nuova variante, emergente, di cui non è ancora nota la rilevanza medica. Quando invece assume un certo rilievo, in ordine di importanza per la salute pubblica, per contagiosità e sintomatologia, o che possa avere un impatto sulla risposta immunitaria indotta dal vaccino, allora questa viene classificata come VOC”.

Di fronte a una VOI, l’OMS attua una valutazione comparativa delle sue caratteristiche rispetto alle varianti già presenti, “valutandone i rischi per la salute pubblica. Al termine di questa analisi, se necessario, procede con indagini di laboratorio. Parallelamente, attua una revisione dell’epidemiologia globale della variante, monitorandone la diffusione globale. Nel caso in cui invece si affronti una VOC si compie, allo stesso modo, una valutazione comparativa rispetto alle altre VOC presenti, consultando anche il Technical Advisory Group on Viral Evolution. Se ritenuto necessario, vengono compiute ulteriori indagini di laboratorio, cooperando con gli stati membri dell’OMS e successivamente, a fronte dei risultati, si comunicano le nuove classificazioni al pubblico, chiedendo di seguire le linee guida redatte a inizio pandemia e integrandole se necessario”.

Al momento, l’OMS annovera 8 varianti, 4 classificate come VOI e 4 come VOC. Le VOI vengono classificate in Eta (B1.525), Iota (B1.526), Kappa (B.1.617.1) e Lambda (C.37). “La variante Eta, apparsa a fine 2020 in diversi paesi, si caratterizza, come l’Alfa e la Beta, per la mutazione della proteina spike E484 che porta a una moderata efficacia dell’immunizzazione indotta dai vaccini e dai trattamenti attualmente disponibili. La Iota, recentemente approdata sui lidi di Genova, presenta, come nell’Eta, una sintomatologia uguale al ceppo originale di Sars-CoV-2 ma una maggiore resistenza agli anticorpi. Nel caso della Kappa, con casi in aumento in Italia insieme alla Delta, questa presenta moderata inefficacia rispetto ai trattamenti anticorpali. Mentre a proposito della Lambda, individuata per la prima volta in Perù a fine 2020 e recentemente riconosciuta come VOL (giugno 2021), rimangono dubbi sull’effettiva severità della mutazione, a fronte comunque di una riconosciuta vitalità”.

Le VOC vengono invece classificate in Alpha (B1.1.7), Beta (B.1.351, B.1.351.2, B.1.351.3), Gamma (P.1, P.1.1, P1.2) e Delta (B.1.617.2, AY.1, AY.2). “L’Alpha, individuata a fine 2020 nel Regno Unito, presenta una vitalità maggiore del 50% rispetto al ceppo originale, con un moderato incremento nella severità dei sintomi, invariati nella loro manifestazione, e l’incremento del rischio di morte. Per quanto riguarda la Beta, seppure la sintomatologia non subisca variazioni, si annovera un aumento del 50% nella trasmissibilità e una significativa resistenza ai trattamenti anticorpali. La mutazione Gamma, conosciuta anche come variante brasiliana, viene classificata come VOC a causa della possibilità di reinfezione e della sua maggiore trasmissibilità. Al momento, purtroppo, non è possibile quantificare la possibile gravità nella sintomatologia. Infine, la Delta, ben conosciuta in Italia e individuata per la prima volta in India, include tre diverse mutazioni della proteina spike(E484Q, L452R e P681R) e annovera una maggiore vitalità, insieme alla possibilità di reinfezione dopo un primo contagio da Sars-CoV-2. In questo ultimo caso, la sintomatologia  risulta più lieve rispetto alla norma, somigliando più ad una forma influenzale”.

Al quadro generale di varianti sinora riconosciute dall’OMS, se ne sommano ulteriori 12 in fase di valutazione. Tra queste “urge menzionare la variante Epsilon, resa famosa dal - caso Maiorca - che, malgrado la sua capacità di penetrazione del sistema immunitario, non comporta, per il momento maggiori severità e concatenati rischi di morte”.

Una lista dunque destinata ad aggiornarsi e ad aumentare sino a quando non si raggiungerà l’obiettivo della vaccinazione globale. A quanto reso noto fino ad ora, infatti, la creazione di una variante, e quindi la mutazione della proteina spike, si realizza una volta che il virus circola nel nostro organismo.