Quando “una minestra” può avere un valore antropologico: è il caso di Quino, il disegnatore argentino del fumetto di Mafalda, la bambina irriverente con lo sguardo acuto e indagatore sulla vita. Mafalda ha solo 6 anni e con le sue domande disarmanti evidenzia le contraddizioni del mondo degli adulti, nel quale rifiuta di integrarsi. L’unico tratto che la rende una bambina è che non le piace la minestra, come a quasi tutti i suoi coetanei: il Prof Revelli, esperto di Gastronomia e docente presso l’Università Telematica San Raffaele Roma, spiega qual è il valore di questo alimento nel fumetto tradotto in tutto il mondo.

 

Simbolicamente la minestra cosa rappresenta?

“La minestra da sempre e in qualunque società è l’alimento povero per antonomasia, realizzato con un insieme di prodotti fatti bollire insieme in una pentola. Un cibo di rifugio, facilmente reperibile, associato ai contadini e contrapposto alla zuppa, ossia alla versione cucinata nelle case ricche che veniva rinforzata con alimenti solidi. Quindi un elemento primordiale del cibo, molto identitario a livello di classe sociale.”

 

Perché il creatore ha scelto questo tratto per ricollocare la protagonista nella sua dimensione d’infante?

“A conferma della centralità culturale del cibo, la minestra veicola un messaggio importante sul tipo di società nella quale Mafalda è nata, nel pieno degli anni ’60. A livello antropologico, non è solo l’eterno rifiuto dei più piccoli a mangiare le verdure, è piuttosto la scelta di somministrare un alimento molto comune, di routine e che quindi stanca facilmente i bambini.”

 

Ma bastava che la mamma pronunciasse la parola “meringa” per farla cedere e farle mangiare la minestra senza esitazione. Una minestra con ricatto, quindi l’espediente del dolcino funziona con i bambini?

“Il dolce è sempre un premio a livello di nutrizione. Gli zuccheri veicolano la felicità e al tempo la meringa era un premio straordinario. Non di certo un alimento comune e sempre presente nelle dispense delle case. Inoltre la sporadicità con cui mangio un alimento lo rende una cosa fantastica. Il connubio perfetto per un espediente convincente e gratificante.”