Sono nove gli studi in corso su medicinali che potrebbero riservare buone prospettive per lenire i sintomi della malattia di Parkinson, rallentarla o incidere sulla sua insorgenza, presso il Centro Parkinson dell’IRCCS San Raffaele Roma diretto del prof. Fabrizio Stocchi, docente di "Neurologia e sport" del corso di laurea magistrale in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate dell'Università Telematica San Raffaele Roma. In particolare, l’attenzione è puntata soprattutto su due anticorpi monoclonali: uno somministrabile per via endovenosa e uno per via orale. “Per il primo siamo giunti al terzo studio, dai precedenti sono emersi segnali promettenti – spiega il prof. Stocchi responsabile del Centro Parkinson dell’IRCCS San Raffaele Roma - il farmaco sembra avere una buona tollerabilità e abbiamo elementi positivi, nello studio di seconda fase, rispetto alla sua capacità di modificare il decorso della malattia. Ora lo studio di terza fase ha l’obiettivo di dimostrare che l’anticorpo monoclonale rallenti la progressione del Parkinson”.

Si tratta di anticorpi monoclonali dell’alfa-sinucleina, per terapie indirizzate a bloccare il processo patologico, “ma già rallentarlo sarebbe un grande risultato” aggiunge Stocchi, “In ogni caso, considerata l’impossibilità attuale di fare diagnosi precoci, bisogna prestare attenzione anche ai fattori di rischio che possono incidere sulla malattia”.

Uno studio dell’IRCCS San Raffaele Roma, all’avanguardia nella ricerca su Parkinson e Parkinsonismi, supportato da un grant dell’INAIL, ha rilevato alcuni fattori di rischio. Sono stati arruolati 634 pazienti del centro Italia con malattia di Parkinson senza causa nota e sono stati effettuati 532 controlli abbinati per ospedale, genere ed età. Diversi i fattori di rischio valutati: la familiarità, l’alimentazione, il tipo di lavoro svolto, essere fumatore o ex fumatore, contesto e stile di vita.

Lo studio ha confermato alcune associazioni già presenti in letteratura e ha evidenziato un aumento di rischio del Parkinson in alcune attività lavorative oggetto di ulteriori approfondimenti, un legame importante con la dieta e lo stile di vita oltre che con la familiarità, pur non essendo la malattia ereditaria. Risultati che potrebbero aprire a nuove linee di ricerca.