Il 20 gennaio di 100 anni fa nasceva a Rimini Federico Fellini, il grande regista autore de «La dolce vita» e «Amarcord», celebrato in Italia e nel mondo tra mostre ed eventi. “Pietra miliare nell’immaginario collettivo nazionale, è colui che ha reso il cinema un’arte” secondo Federico Giordano, docente di Storia della Moda e del Cinema dell’Università Telematica San Raffaele Roma.
Il suo modo di produrre visioni, sogni e fantasie attraverso le immagini è divenuto proverbiale: felliniano è così diventato un aggettivo. “È il regista del ricordo trasfigurato e tenero della provincia, della grande immaginazione soggettiva che si traduce in visioni immaginifiche. È colui che trova la poesia nella realtà, che esamina e critica la modernità senza fare direttamente politica, ma trasfigurandola e sottolineandone i dati di costume” prosegue il Professore. Fellini pensa a se stesso come demiurgo e poeta, ma nel corso della sua carriera, nonostante la italianità e la soggettività, è stato in grado di aprirsi verso autori stranieri ed eccentrici o a tematiche oscure. Psicanalisi, delirio, depressione, rabbia, eccesso e inquietudine: l’atmosfera da film horror è sempre, o quasi, stata presente.
Fellini è ricordato per lo spazio dedicato alla fantasia e alla trasfigurazione della realtà, ma è anche stato lo sceneggiatore di alcuni dei film più politici e più collegati alla cronaca o alla rilettura storica di eventi rilevanti del neorealismo. Infine il suo legame con Rimini e Roma, la esibita collocazione provinciale di alcuni suoi film, ha talvolta messo in ombra il suo essere sradicato, europeo e internazionale, legato ai temi dell’esistenzialismo e della psicanalisi, connesso alle questioni di rivoluzione linguistica del nouveau roman. “Suo grande merito è stato raccontarci molto dell’Italia, insegnandoci anche ad essere poco italiani” conclude Giordano.